LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 15-5-2012
IL RITORNO. NUOVA ATTENZIONE SULLA SCRITTRICE E GIORNALISTA
Un suo libro e una biografia
di Diego Zandel
Due libri riportano alla luce la figura di Irene Brin, famosa giornalista e scrittrice degli anni a cavallo della seconda guerra mondiale che si caratterizzò per diversi motivi che la resero in qualche modo unica. Il primo è un libro della Brin stessa “Olga a Belgrado”, edito da Elliot, nel quale l’autrice racconta la sua esperienza nei Balcani, nel corso dell’occupazione italiana della Jugoslavia, al seguito del marito, ufficiale dell’esercito, Gaspero del Corso (ma anche come corrispondente del giornale “Mediterraneo”); il secondo è una biografia di Irene Brin scritta da Claudia Fusani, dal titolo “Mille Mariù”, edita da Castelvecchi, con prefazione di Concita De Gregorio che della Brin è sempre stata una fedele lettrice.
“Olga a Belgrado” è, in pratica, una sorta di diario senza date, nella forma chiusa del racconto, di vari episodi che hanno visto la scrittrice testimone di quel mondo così diverso da quello al quale era abituata. Il più significativo è quello che da il titolo al volume e che comincia con l’arrivo in treno di Irene Brin a Belgrado. Completamente sola, la città in mano ai tedeschi, gli alberghi sono pieni, un signore cerca di convincerla ad andare da lui (“Cara bambina, in simili momenti, nevvero?, non ci sono più uomini, né donne! Solo creature umane e, cara piccola, vi potete fidare di me!”), ma Irene se ne guarda bene. Chiede consiglio al conduttore del treno, il quale le mette a disposizione uno scompartimento, almeno per quella notte. Irena accetta. Va a mangiare, ma ben presto ci rinuncia (“Io mi servii di prosciutto e di fegato d’oca, un cameriere mi portò il pane e la birra. Purtroppo trovai due mosche rivoltate nel prosciutto, e tre compresse nel fegato”). Il giorno dopo trova la sistemazione a casa di una certa Olga, che s’arrangia affittando stanze e bagno con acqua calda, ma anche facendo l’ostetrica in modo che si capisce essere quello della mammana. E Irene se ne rende ben presto conto, quando sente, oltre la porta, una ragazza gridare. Ma prima ancora della verità immediata, funziona nel racconto la grande capacità evocativa della scrittrice per il ritratto che fa di Olga attraverso le cose e persone che ha intorno: la stanza da bagno bianca e scrostata, i vetri opachi; la servetta “ciabattona e spettinata, odorante di acquaio e di letto”; e Olga stessa, con i racconti delle sue storie d’amore ambigue. Su questa falsariga si muovono tutti gli altri racconti, carichi di un’atmosfera di guerra vissuta nelle retrovie, tra miserie, viltà, piccole gioie e piccoli eroismi. Questi racconti furono poi in parte censurati: si leggeva, forse, una sorta di tolleranza nei confronti di qualche azione partigiana, anche se non mancano crude denunce: in questo senso un racconto come “Ombre di Maria”, storia di una donna benestante morta ammazzata, due mesi prima rapata dai partigiani, e quindi il suo funerale tra bicchieri che venivano sempre riempiti, mentre “fuori la mitragliatrice riprendeva, a intervalli regolari” è emblematico. Va detto ancora che un altro libro “1952 - L’Italia che esplode”, rimasto inedito e nel quale fa, camaleonticamente, professione di antifascismo, racconta molto altro di sé.
Intanto, però l’occasione di conoscerla meglio viene da Claudia Fusiani con la sua appassionata biografia, intitolata “Mille Mariù” (che era il diminutivo del suo vero nome Maria Vittoria). Si tratta di un ritratto a tutto tondo della personalità della donna e della scrittrice, che si è caratterizzata innanzitutto per lo stile con cui ha attraversato la Storia, dandoci di questa i risvolti quotidiani e rendendoli vivi con una scrittura dettagliata, ironica, leggera e caustica allo stesso tempo, capace di scavare nelle cronache mondane del suo tempo cogliendo gli aspetti più subliminali, minimi, della realtà. Così brava da essere chiamata a scrivere da tutti i giornali più importanti dell’epoca, il che – dopo il rifiuto di usare il suo vero nome e cognome,i Maria Vittoria Rossi, per non compromettere il decoro della famiglia militarboghese alla quale apparteneva - spiega l’uso di diversi pseudonimi, dal primo, Marlene, a Giorgiana, Marella, Maria Del Corso, Contessa Clara, Mariù Rossi e così via fino a quello più stabile, anche se non definitivo, di Irene Brin: nom de plume trovatole da Leo Longanesi che la volle con sé al settimanale “Omnibus”, con il quale ebbe inizio la sua prestigiosa carriera.
Diego Zandel
Irene Brin, Olga a Belgrado, Elliot, pag. 186, €. 16,50
Claudia Fusani, Mille Mariù – Vita di Irene Brin, Castelvecchi, pag. 280,€. 22,00
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