LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 10-6-2012
SE FOSSE DIO SAREBBE ATEO
Scritti Postumi di Giuseppe Bonura
di Diego Zandel
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Ora , la persona che si è occupata di raccogliere i suoi tanti lasciti, è un giovane studioso milanese Giulio Passerini, che ha voluto intanto occuparsi dei racconti di Bonura, tra inediti e, se pubblicati, sparsi tra diverse riviste e giornali. Lo ha fatto con accortezza, nella prospettiva di una loro necessaria pubblicazione, ordinandoli secondo un disegno coerente. E’ nato così il volume dal titolo “Racconti del giorno e della notte”, edito dalla Hacca, con prefazione di Alessandro Zaccuri, che sottolinea la magistrale bravura dello scrittore di origine marchigiana, ma milanese di adozione, nell’arte del racconto.
Perché, innanzitutto, questa divisione temporale nel titolo, tra giorno e notte? Per un motivo molto semplice: questa raccolta esprime molto bene la compresenza nella persona, e nell’opera in generale, di Bonura di due componenti: una solare, adriatica, che non fa mistero della cultura cattolica, senza voler essere essa un’etichetta da esibire; l’altra, notturna, umorale, sulfurea, che se la prendeva con quanto di storto scopriva intorno a se, soprattutto nei confronti dei rappresentanti della chiesa e delle istituzioni che a quella cultura dicevano di appartenere. In questo quadro assume significato la frase che il curatore ha fatto porre in esergo al testo, sulla quarta di copertina, tolta da uno dei testi: “Se fossi Dio, sarei ateo”. Lo sarei, s’intende, per quella gente che razzola male e dice di agire in mio nome. Da queste poche righe si può immaginare il tenore dei racconti, per altro ben rappresentati dalla significativa copertina di Maurizio Ceccato: un fantasmino smarrito in un mare di buio.
Quello che più affascina, leggendoli, è la capacità dell’autore di risolvere con una scrittura rapida, leggera, casi che hanno una loro complessità esistenziale o sentimentale. Prendiamo ad esempio proprio un racconto come “Telefonata estiva” (che apre la sezione racconti del pomeriggio). C’è il protagonista, io narrante, che riceve una telefonata lapidaria: “Tua moglie ti tradisce. Se non ci credi vieni a vedere. Il mare non è lontano”. Potrebbe essere il solito tema di mariti in città e mogli in vacanza, ma Bonura ha i mezzi per trasformare l’episodio in qualcosa di diverso, e anche divertente, ma non sul piano scontato del comico o del drammatico, bensì su quello più raffinato e sagace dell’ironia. Sulla stessa corda racconti come “L’uomo che scriveva a se stesso”, che non sfigurerebbe in un’opera di Borges. E non è il solo. Forse, a suscitare l’ammirazione è una peculiarità di Bonura, più rara di quanto si pensi soprattutto in quanti si cimentano con il racconto, e cioè la capacità di chiusura dello stesso. Cosa più difficile di quanto si pensi, determinata com’è dalla richiesta misura dei testi, in particolare quando questa è stabilita, come è per alcuni di questi racconti, dalle esigenze delle diverse riviste o giornali che li hanno commissionati. In questo caso professionalità e talento necessariamente devono andare insieme. E i “Racconti del giorno e della notte” di Giuseppe Bonura sono il miglior esempio.
Diego Zandel
Giuseppe Bonura, Racconti del giorno e della notte, Hacca, pag. 276, €. 14,00
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